martedì 31 gennaio 2012

La recita


Sono arrivata a casa più o meno alle otto e lui era lì, non lavato, non sbarbato, seduto sul divano a fare zapping col telecomando fra le gambe. Il volume era assordante e ho avuto la sensazione che mi avesse sentito arrivare dall'atrio e lo avesse alzato solo per infastidirmi.
"Sono tornata" ho detto, standogli alle spalle.
"Com'è andata?" ha domandato. Non volevo che mi vedesse in faccia perchè sapevo che non sarei riuscita a dissimulare la gioia, e per lui è dura quando mi succedono delle cose belle. "Molto bene" ho risposto. "Ho avuto la parte".
"Cosa?" ha detto.
Ho parlato a voce molto bassa, che a malapena si sentiva. "Ho avuto una parte" ho detto ancora. Ha spento la tv e si è girato a guardarmi, senza sapere lui stesso, ho pensato, come avrebbe reagito.
"Cher parte ti hanno dato?"
"Elena"
"Penso che Sonja abbia più battute" ha detto. Non per la prima volta, mi sono sentita grata che non avessimo figli.
"Guy" ho detto "Elena è un ruolo importante, e io sono perfetta"
"Perchè? Perchè è bella e inutile?"
Mi sono messa a ridere. "Forse".
"E perchè ha sposato un uomo che disprezza."
"Questo è ridicolo. Elena non disprezza Serebrjakov"
"C'era Papp?"
"Si"
"E' un tipo grosso?"
"No, piccolo"
Poi ha sorriso. "Quindi farai Elena al Pblic Theatre" ha detto.
"Quasi non ci credo."
"Chi fa Vanja'"
"Max Brokoff."
"Bene. Chi fa Astov?" Si è alzato e ha posato il telecomando sul televisore, poi, dato che non avevo risposto, mi ha rivolto un'occhiata fredda e sospettosa e ha ripetuto la domanda.
"Edward Day" ho risposto.
"Ah, davvero?" ha detto.
"Sapevo che ti saresti agitato" ho detto io. "Ma non ha importanza. E' successo, e nessuno di noi può farci niente".
Andava avanti e indietro, di fronte a me, cercando qualcosa. "Zio Vanja, zio Vanja" diceva. "Ah, eccole qui". Erano le sue sigarette. Ne ha accesa una e ha soffiato un anello di fumo verso di me, con aria molto fredda e sprezzante. "Se ben ricordo, Astrov ed Elena si baciano due volte" ha detto.
"Si" ho confermato. "Una volta molto brevemente, Vanja li interrompe, e poi quasi alla fine, quando lei sta partendo".
"Quindi bacerai Ed Day due volte a sera per, quanto, sei settimane?"
"Io non sarò io, e Ed non sarà Ed, saremo russi, per l'amor di Dio. Siamo a teatro. Ci baciamo davanti a duecento persone. Se vuoi vederlo, ti procuro un biglietto. Siamo professionisti. Lo sa lui, lo so io e lo sai tu."
"Lo sa lui. E come fa a saperlo?"
"Gliel'ho detto io. Ci siamo presi un caffè e gliel'ho detto."
Il che è vero tesoro, non mentivo. Effettivamente abbiamo preso un caffè e io ti ho detto che dovevamo essere professionali e scordare il passato. Ma la mano mi tremava così tanto che non riuscivo a sollevare la tazza senza farla sbattere sul piattino, e tu mi hai messo la mano sul braccio e hai detto: "Sono passati quasi otto anni. Saranno otto anni giovedì prossimo".
"Avete bevuto un caffè?" ha chiesto Guy.
"Si, al Dante"
"E poi?"
Qui, naturalmente, ho mentito. Ho detto che sono venuta direttamente a casa.
E' andato alla scrivania e ha girato qualche pagina. "Le prove quando cominciano?" ha chiesto.
"Il 15 aprile."
"La prima?"
Non gli potevo rispondere. L'ho fissato e ho avuto la sensazione che il sangue avesse smesso di scorrermi nelle vene. Sapevo esattamente cos'aveva intenzione di fare e sapevo di non poterlo fermare. Mi starà dietro come un'ombra per tutta la produzione. Tesoro mio, non saremo mai soli!
Ha sollevato lo sguardo dal calendario col suo sorriso gelido. "Più o meno a fine maggio?" ha chiesto.
"Esatto" ho risposto. Mi sono abbandonata all'odio che provavo per lui.
Perchè, mi chiedevo, sono legata a quest'essere spregevole? Paradossalmente ho desiderato che non ti avesse salvato quella notte, così lontana nel tempo, quando eravamo tutti così innocenti - o per lo meno lo eravamo io e te. A volte penso che Guy sia nato crudele. Se non ti avesse salvato, non saremmo in debito con lui e potremmo dirgli di andare al diavolo, ma naturalmente non ci sarebbe nessun "noi", perchè tu non saresti qui. Dato che ti ha salvato la vita non lo posso disprezzare del tutto, e ora capisco una cosa che non ho mai capito prima, che non sono mai complettamente me stessa quando sono lontana da te, che la tua vita mi è cara tanto quanto la mia.
Come se mi leggesse nella mente - a volte penso che ci riesca - ha detto: "Gli salvo la vita e lui si scopa mia moglie. Ti sembra bello Madeleine?".
"E' finita" ha detto "E' finita da tempo".
"Davvero?" ha chiesto. "Bè, se è così sarai felice di sapere che posso accompagnarti. Si dà il caso che la mia agenda sia completamente libera".
Due baci, amore mio. Due baci di fronte a duecento sconosciuti, sei sere la settimana e due volte di sabato. Ecco quello che ci aspetta, ecco quello che ci sarà consentito. La mia sarà la Elena più intrappolata, frustrata e abbattuta che il palcoscenico abbia mai conosciuto, e quei baci rubati con Astrov saranno così brucianti di passione e di desiderio crudelmente represso che il pubblico penserà che cent'anni fa Anton Cechov si sia seduto allo scrittoio pensando a Madeleine che implora il diritto di vivere libera dalla famiglia, dal dovere e dall'apatica tirannia del suo irritante marito, il diritto di vivere solo per l'amore.
Quanto li sbalordiremo quando le nostre labbra si incontreranno e il cuore ci batterà forte, i sensi accesi dal desiderio reciproco - proprio come questo pomeriggio, sulla porta di quella magnifica stanza d'albergo - mentre Guy sarà lì, in prima fila, sera dopo sera, e non potrà far altro che guardare. Sarà il nostro trionfo segreto su di lui, e nessuno saprà quanto ci costa e perchè dobbiamo pagarne, pagarne e ancora pagarne il prezzo.
Ma sappi, amore mio adorato, che il giorno in cui dirai che abbiamo pagato a sufficienza, al diavolo Anton Checov e Guy, quel giorno troverò il coraggio, diò addio con sollievo alla mia coscienza e sarò per sempre e completamente tua.
Madeleine


(Valerie Martin, romanzi tradotti in italiano: La governante del Dr. Jekyll, Bompiani)

Turntable Music Night 7 bei STEIM Amsterdam

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Il Dottor Djembè

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Con Stefano Bollani e David Riondino

Lezioni di Musica

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Cocco di mamma

.. a lei non piace la confusione. 
Le piacciono il minimalismo e il feng shui, che le pronuncia "fang sciuei". 
Oggi mi ha costretto a salire in soffitta perchè a quanto pare sono responsabile del contorcimento del mio Chi.
Mi prende sempre in giro per la tendenza ad accumulare le cose, ma in verità mi prende sempre in giro per qualcosa!
Forse ho capito, cara mamma, perchè lei non ti piacesse: perchè sapevi che non fosse giusta per me. Ho sempre saputo che avevi ragione!
Forse è per questo che non le ho mai scritto un bigliettino regalandole dei fiori, ma neanche a San Valentino o a Natale o al suo compleanno o al nostro anniversario. 
Del resto lei, che è ordinata, li butterebbe via il giorno dopo.
Un mio amico sostiene che un uomo non potrà mai ringraziare abbastanza la propria madre. Capisco cosa intende. 
Ecco perchè sono commosso nell'aver trovato, qui in soffitta, la boccetta del tuo profumo. 
Oh mamma, sapessi come mi vergogno  per essermi sentito in imbarazzo quando a scuola i miei compagni mi chiamavamo "cocco di mamma"!  
In fin dei conti non c'è niente di male ad essere "un cocco di mamma", vero, mamma? 
Ma allora mi vergognai, perfino, da me stesso.
Credo sia impossibile ringraziarti a sufficienza per quello che sono diventato. 

Tuo ....
Picasso, due donne
Vivere nel vento
sui sentieri tortuosi
e strade che si separano,
incrocciare bivii che si ricongiungono
o scorrono paralleli
senza mai ritrovarsi.

Vivere nel vento
senza ricercare un destino
intessuto da troppe mani
nelle sue ardite trame.


l. m.

Cuori d' Uva Passa

Edward Hopper, summer evening
..un'altra stanza. Almeno hanno questo in comune: le innumerevoli stanze (anche mentali). Non proprio vuote, di certo non piene, e l'esiguo, sbilanciato peso di loro due quieti là dentro.
Lei è nelle sue stanze  così anche lui, nelle sue; la distanza fra loro, talvolta, è troppo profonda per vederla.
E i loro viaggi? In due e solitari.
Ha bisogno di vederlo sorridere ma quel che ha le deve bastare.
In questa stanza di un modesto alberghetto di montagna con un mobiletto componibile di legno sbiadito, un tappeto spelacchiato, una televisione, un bollitore nero, e sul letto -  sopra un piumino con disegni geometrici  - la sua forma distesa che attende.
Ritornano i  ricordi di altre stanze rubate, vissute, descritte nel buio. 

Si può sopravvivere con "abbastanza"? ....

lunedì 30 gennaio 2012

Venezia

.. questa è una città inventata, 
impossibile, 
desiderata, 
difficile da scoprire la sua essenza. 
Ancor oggi, in alcuni scorci, puoi vedere la  Venezia dai colori pastello e la luminosità del Tiepolo, di Tintoretto, del Canaletto, di Tiziano..

La città si risveglia al rumore dei motori fuoribordo che si spengono in prossimità dei pontili e alle voci degli uomini che scaricano casse, e poi le ruote dei carrelli che trasportano generi alimentari e bevande.
Là sulla spiaggia del Lido  sembra di vedere Gustav von Aschenbach e Tadzio che escono dalle pagine del libro di Thomas Mann: Morte a Venezia che ci parla dell' amore e della morte.
Alla fermata del vaporetto ascolto il rollio prima della fermata, lo scorrimento della sbarra metallica e il lancio della corda sulla bitta mentre un motoscafo taxi sbuca fuori dal nulla ronzando sommessamente.

Mi piacerebbe vivere in una città così!

Preferirei di no

"I would prefer not to", "preferirei di no" ripete sempre Bartleby con un fil di voce e così facendo infrange l'implacabile ordine delle cose che lo circondano. La sua più che disobbedienza civile è resitenza passiva.
Bartleby non urla, non strepita, non fa piazzate ma è inflessibile, deciso e coerente: praticamente una persona come non siamo più abituati a vederne.

Il libro di Hermann Melville - Bartleby lo scrivano -  man mano che lo leggi ne resti affascinata e anche  turbata, perchè viene domandarsi "ma quand'è stata l'ultima volta che io ho detto NO a qualcosa?" Spesso ci si abbandona a una valanda di "certamente si", a una serie di assensi consensi, è più facile annuire per non urtare, per sopravvivere ...
Bartleby mi piace, mi ricorda come potremmo essere.

domenica 29 gennaio 2012

.. diventando vecchia e meno autosufficiente, ho iniziato a scoprire la montagna in sè per sè. Tutto per me è divenuto bello: i profili, i colori, le acque e le rocce, i fiori e gli uccelli. La conoscenza dell'altro è infinita. E ho scoperto che l'esperienza che l'uomo ne ha, ingrandisce le rocce, i fiori, gli uccelli.
L'oggetto della conoscenza aumenta con la conoscenza.
.. E' un viaggio nell'Essere; perchè più a fondo penetro nella vita della montagna, più penetro nella mia stessa vita. Per un'ora sono oltre il desiderio .. non sono fuori da me stessa, ma dentro di me.
Io sono.

Non ho visto un'anima.
Un'intera giornata in montagna sarebbe un racconto da brivido se non ci fosse nessuno a cui raccontarlo!

Prima pensavo di andare in montagna per pensare.  Ma riflettendoci più attentamente ho capito che, a prescindere dall'intenzione, l'effetto era l'opposto: ci vado per non pensare. La mente si svuota, si riempie di nuovo, si riordina. I file superflui o temporanei finiscono nel cestino; il cervello si deframmenta.
E' un'esperienza purificante.

James Robertson


Dove vanno le persone quando camminano in montagna? Quando sono sole, come quasi sempre lo sono io, dove vanno, se non dentro se stesse? Capita spesso che durante le gite non incontri praticamente nessun altro. Siamo solo io e le montagne, quale che sia la fiscità o filosofia che ci unisce o ci separa.
Per me andare in montagna è come andare a casa; in quella casa di Reinswald.
Vado, sparisco per un pò, torno e al contempo sono stata a casa e ci devo ancora andare ...

il mio mondo olfattivo

Shozo Shimamoto, il kamikaze del colore
Viaggio in luoghi vicini e lontani e odoro il mondo
tra il pericolo del "bruciato" e il profumo dell'amato.

Annuso le alte quote, gli eremi, la campagna
gli antichi palazzi nelle città di oriente e occidente
sempre sedotta dalla magia di notti illuminate da niente.
                  
Cammino tra gli aromi di una  cucina per raccontare le domestiche realtà;
rivivo il piacere di morbide dune,  di paradisi tropicali, di  antichi mercati  e dolci amenità.



Lina M., 2007
              
 

Daniela, Silvana & Gloria

Vassiliy Kandinsky, Composizione VIII, olio su tela
Prima.
Il cielo plumbeo, con energiche folate di vento, esposta nell'incertezza
Io, 

in un'attesa appropriata verso un inafferabile disagio.
 

Pazzia, un pò lucida e un pò ammiccante.
 

Eccoli,
i sepolcri imbiancati,  metafore di vuoti d'amore.
 

Tu, Voi
verso la  Ricercata Armonia di un lieto presagio,
di possibile  Saggezza.
 

Si
in una cura esistenziale, in forme armoniche dell'Arte,
e nella percezione della sua probabile Terapia. 



Lina.M., 2006 

Ho scelto un quadro di Kansinsky perchè era ossessionato dalla musica: avvertiva i colori come un "coro". K. era affascinato dalla totale astrazione che si può raggiungere tramite la costruzione musicale.
Mei suoi quadri ogni colore rappresenta uno strumento musicale:
  • il giallo è la tromba;
  • l'azzurro il flauto;
  • il verde il violino;
  • il viola il fagotto;
  • l'arancione le campane tubolari;
  • il blu il contrabbasso.

Jd Zazie - Valeria Merlini



sabato 28 gennaio 2012

Impertinente

..considero l’impertinenza come un buon modo, e a volte l’unico possibile, di affrontare i problemi in maniera pertinente. Soprattutto in campi come la politica e la religione, in un periodo storico che potremmo descrivere come l’era delle “tre B” che non stanno a indicare, come nei tempi  andati il trio Bach, Beethoven e Brahms, bensì la triade Bush, Berlusconi e Benedetto XVI. 
Io sento l’impertinenza nei confronti loro e dei loto seguaci come un imperativo morale e civile… Anzitutto, come non appartenenza a una visione del mondo ispirata dalla certezza che, per dirla nella lingua del nuovo papa, Gott mit uns, “Dio è con noi”: meno che mai quando questa certezza rigenera mostri che credevamo ormai definitivamente scomparsi, dalle guerre imperialiste alle crociate integraliste. 
E poi, per proclamare ad alta voce che certi presidenti e papi sono nudi: una doverosa arroganza nei confronti di coloro che vorrebbero imporre all’universo mondo moderno il loro provincialissimo capitalismo e il loro antiquato cristianesimo”.

 In sintesi, è impertinente, in senso letterale, chi non appartiene:  ad esempio, ad una politica, una religione o una filosofia. E, la non appartenenza, suscita i risentimenti e le stizze di coloro che appartenendo, lo tacciono di arroganza o insolenza.

(da: il matematico impertinente di Piergiorgio Odifreddi)

giovedì 26 gennaio 2012

"L'età dell'innocenza" di Edith Wharton

... si era accorto d'essere troppo legato alla vecchia vita dalle abitudini, dai ricordi, da una sensibilità improvvisa che lo faceva reagire troppo emotivamente a tutte le cose nuove.
Ora, riandandando al suo passato, vide in quale solco si fosse sempre lasciato vivere.
Quando uno aveva vissuto facendo il proprio dovere c'era un guaio: che non riusciva più a vivere diversamente.
La divisione netta tra il bene e il male, tra ciò che era onesto e ciò che era disonesto, ciò che era rispettabile e il suo contrario lasciava così poco gioco all'imprevisto!
Vi sono momenti in cui l'immaginazione di un uomo, così facilmente condizionata dalla cornice in cui egli vive, si solleva d'un tratto sopra il piano di tutti i giorni scrutando con maggiore distacco i complicati meandri del destino. E Newland ora, da quella nuova posizione guardava la sua vita e si domandava tante cose.

./.
.... Pareva che il suo futuro si fosse spiegato intero davanti a lui e in quel piccolo deserto senza fine egli scorse la figura di un uomo che si rimpiccioliva sempre più, un uomo al quale, nella vita, niente sarebbe mai accaduto
Guardò attorno a sè il giardino non potato, la casa malandata e il boschetto di querce sotto al quale cominciavano già ad addensarsi le ombre della sera.
./.
Naturalmente cantava "M'ama!" e non "He loves me", perchè una legge inalterabile e indiscussa del mondo musicale esigeva che i libretti tedeschi di opere francesi, cantate da artisti svedesi, venissero tradotti in italiano per essere capiti più facilmente da un pubblico di lingua inglese
Questo, a Newland Archer, pareva un fatto naturale come tutte le altre convenzioni che regolavano la sua vita: come ad esempio usare due spazzole dal dorso d'argento e con il monogramma in smalto blu per farsi la riga nei capelli, e non apparire mai in società senza un fiore (possibilmente una gardenia) all'occhiello...

mercoledì 25 gennaio 2012

Magnifica risata

«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la biro, quello con la pistola è un uomo morto»

Donna di Mia Martini


Donne piccole come stelle
c'è qualcuno le vuole belle
donna solo per qualche giorno
poi ti trattano come un porno.

Donne piccole e violentate
molte quelle delle borgate
ma quegli uomini sono duri
quelli godono come muli.

Donna come l'acqua di mare
chi si bagna vuole anche il sole
chi la vuole per una notte
c'è chi invece la prende a botte.

Donna come un mazzo di fiori
quando è sola ti fanno fuori
donna cosa succederà
quando a casa non tornerà.

Donna fatti saltare addosso
in quella strada nessuno passa
donna fatti legare al palo
e le tue mani ti fanno male.

Donna che non sente dolore
quando il freddo gli arriva al cuore
quello ormai non ha più tempo
e se n'è andato soffiando il vento.

Donna come l'acqua di mare
chi si bagna vuole anche il sole
chi la vuole per una notte
c'è chi invece la prende a botte.

Donna come un mazzo di fiori
quando è sola ti fanno fuori
donna cosa succederà
quando a casa non tornerà
la donna che sono è la bambina che sono stata
una e-mail non può essere macchiata da una lacrima

martedì 24 gennaio 2012

"Happiness only real when shared": la felicità è autentica solo se condivisa
“Mi accorgo di una sua carezza che mi asciuga. Dormo per qualche respiro.
Poi cerco i panni, abito lontano.
  - Resta, dice.
Se vuoi compagnia, sì, se no per me è meglio non ingombrare.
  - Voglio che mi ingombri le lenzuola, dice.
Poi chiede se ho voglia di parlare un poco.
Un poco. Chiedo com’è che è sola.
  - E’ per lavoro.
Guadagni con la solitudine?
  - No, cogli uomini, vado con gli uomini per soldi. Non in strada, vado agli appuntamenti.
Sto zitto, certo non mi sta presentando il conto.
Chiede se mi fa schifo.
No.
  - Così lo sai adesso.
No, dico, io so adesso la tua intenzione di dirmelo e questa è più grande della notizia. Laila non ho niente di mio per pareggiare questo.
  - Non vuoi, dice.
E’ anche così dico.
  - Non importa, basta che non ti faccio schifo.
Restiamo stesi a metà di un abbraccio.
  - Lei dice “Tienimi” e io la piglio anche con l’altro braccio e me la stendo sopra.
E la stringo un poco: va bene un “tienimi” così?
  - Sorride di sì dritto dentro un orecchio.
Così mi innamoro di te, dico.
E’ una bugia, ma la dico lo stesso.
  - Gli uomini non si innamorano di una che fa il mestiere, dice.
I clienti no, dico, ma uno scroccone di giardiniere, può succedere.”

(Erri De Luca – Tre cavalli)

Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva.

“Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell’omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell’asfalto, non c’è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così. Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell’aria la frustata. Ormai i pedoni sono passati, ma il segnale di via libera per le macchine tarderà ancora alcuni secondi, c’è chi dice che questo indugio, in apparenza tanto insignificante, se moltiplicato per le migliaia di semafori esistenti nella città e per i successivi cambiamenti dei tre colori di ciascuno, è una delle più significative cause degli ingorghi, o imbottigliamenti, se vogliamo usare il termine corrente, della circolazione automobilistica”.

 
Così comincia  ”Cecità” di José Saramago (1995, pubblicato in Italia da Einaudi nel 1996). In una città qualunque di un paese qualunque un guidatore qualunque nella sua vettura qualunque sta fermo al semaforo è in attesa del verde.  

All’improvviso si accorge di non vederci più come prima. Pensa che sia soltanto un malessere passeggero. Invece, sta diventando cieco. E’ infatti rimasto vittima di un male sconosciuto, che lo avviluppa in un candore luminoso, un “mal bianco” che si rivelerà contagioso. Poco per volta, l’epidemia si diffonde e i ciechi sono rinchiusi in un ex manicomio. “Scoprono se se stessi e in se stessi – come ha scritto il critico Cesare Segre –  la repressione sanguinosa e l’ipocrisia del potere, la sopraffazione, il ricatto e, peggio di tutto, l’indifferenza”. 
E’ la metafora della nostra condizione attuale, l’oscurità in cui ci siamo cacciati, la notte dell’etica in cui siamo sprofondati. 
Nel libro, paradossalmente,  il mondo del buio illumina le vittime e rivela molte cose sul mondo che credevano di vedere.
Del resto, l’antica saggezza del Libro dei Consigli, diceva : “Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva”

Non a caso, José Saramago ha scelto questa citazione come distico all’inizio della sua opera.

lunedì 23 gennaio 2012

Lezioni di democrazia

Supponiamo che abbiate due vacche ....
  • Socialismo: hai due vacche. Il tuo vicino ti aiuta ad occupartene e tu dividi il latte con lui.  
  • Comunismo: hai due vacche. Il governo te le prende e ti fornisce il latte. 
  • Fascismo: hai due vacche. Il governo te le prende e ti vende il latte. 
  • Nazismo: hai due vacche. Il governo ti prende la vacca bianca e uccide quella nera.
  • Dittatura: hai due vacche. la polizia le confisca e ti fucila. 
  • Feudalesimo: hai due vacche. Il feudatario pretende la metà del latte. 
  • Democrazia: hai due vacche. Si vota per decidere a chi spetta il latte.  
  • Democrazia rappresentativa: hai due vacche. Si vota per eleggere la persona che deciderà a chi spetta il latte. 
  • Democrazia di Singapore: hai due vacche. Ti prendi una multa per detenzione di animali in appartamento. 
  • Anarchia: hai due vacche. Lasci che si organizzino in autogestione. 
  • Capitalismo: hai due vacche. Ne vendi una per comprare un toro ed avere dei vitelli.  
  • Capitalismo moderno: hai due vacche. Ne vendi tre alla tua società quotata in borsa utilizzando delle carte di credito aperte da tuo fratello sulla tua banca. Poi fai uno scambio delle lettere di credito con una partecipazione in una società soggetta ad offerta pubblica e nell'operazione guadagni quattro vacche beneficiando anche di un abbattimento fiscale per il possesso di cinque vacche. I diritti sulla produzione del latte di sei vacche vanno trasferiti da un intermediario panamense sul conto di una società delle isole Caiman, posseduta clandestinamente da un azionista che rivende alla tua società i diritti sulla produzione delle sette vacche.nei libri contabili di questa società figurano otto ruminanti, con l'opzione per un ulteriore animale. Nel frattempo hai abbattuto le due vacche perchè sporcano e puzzano. 
  • Capitalismo selvaggio: hai due vacche. Fai macellare la prima e obblighi la seconda a produrre tanto latte come quattro vacche. Alla fine licenzi l'operaio che se ne occupava accusandolo di aver lasciato morire la vacca per sfinimento. 
  • Burocrazia: hai due vacche. Il governo approva un regolamento di igiene che ti impone di abbatterne una e di dichiarare la quantità di latte che ha prodotto l'altra. Il governo ti compra il latte e lo butta via. Infine ti fa compilare un modulo per dichiarare la vacca mancante. 
  • Femminismo: hai due vacche. Vieni multato per discriminazione sessuale. Cambi una delle tue vacche per un toro che però non produce latte. 
  • Surrealismo: hai due giraffe. Il governo pretende che tu dia loro lezioni di flauto. 
  • Capitalismo europeo: hai due vacche. Il primo anno l'Unione europea ti sovvenziona l'acquisto di una terza vacca. Il secondo anno vengono fissate le quote latte e tu paghi una multa per sovraproduzione. Il terzo anno l'Unione europea ti sovvenziona l'abbattimento della terza vacca. 
  • Monarchia Costituzionale Brittanica: hai due vacche. Ne uccidi una per darla da mangiare all'altra. L'altra vacca diventa pazza. L'Europa ti sovvenziona per abbatterla. Tu la dai da mangiare alle tue pecore. 

domenica 22 gennaio 2012

Cyrano, epitaffio

Amante - non per sé - molto eloquente
Qui riposa Cirano
Ercole Saviniano
Signor di Bergerac
Che in vita sua fu tutto e non fu niente!"
...
"Io me ne vo ... Scusate: non può essa aspettarmi.
Il raggio della luna, ecco, viene a chiamarmi"

 
(E.Rostand, Cyrano de Bergerac) 

 
 Poetico e Spavaldo Guascone con  l'eleganza del cuore, la sensibilità poetica, la nobiltà dei sentimenti, l'ostinata fedeltà a un amore unico e impossibile: Roxane

Ci può essere un'arroganza delle buone ragioni?

Davanti ad alcuni avvenimenti a livello locale, nazionale ed internazionale non c'è nulla da discutere, non c'è niente da capire: sono intollerabili, moralmente e politicamente sbagliati. 
Non mi sento di ascoltare le ragioni dell'altro, semplicemente perchè l'altro non ha ragione (penso per esempio all'evasione fiscale, alla guerra in Iraq, ai pedofili, alle leggi ad personam, alla pena di morte, alla fame, all'ingiustizia, alla miseria ecc.), soprattutto quando l'altro sostiene posizioni di assoluta e inconvertibile indecenza.
Troppo spesso, di fronte a queste posizioni, c'è stata la disponibilità ad ascoltare, a dialogare, a cercare un terreno comune con il risultato di "dare legittimità a queste posizioni" tanto da non farle più sentire inaudite e chi, le esprime e sostiene, non si deve neanche vergognare!
Ci può essere un'arroganza delle buone ragioni?
Personalmente sono per il consenso, la mediazione, il dialogo ad ogni costo ma c'è - alla fine di tutti gli sforzi di comprensione, di dialogo e di compromesso - una linea che non si può varcare: ed è quella della decenza.
Tornando alla domanda che ho posto, rispondo che SI : ci può essere un'arroganza delle buone ragioni!
Se il mio interlocutore fa o dice delle cose "indecenti" non cerco un terreno comune con lui. So che quello che dice è sbagliato ed ho il dovere di avversarlo con tutte le mie forze senza ascoltare "le sirene" dell'accomodamento.  

Spesso a furia di cercare un modus vivendi con l'indecenza, si finisce di diventare indecenti pure noi!

Crisi ed opportunità

B l u e s

La morte di una delle più grandi voci della musica nera, Etta James, lascia un vuoto nella musica soul, blues e jazz. Nata a Los Angeles, figlia di una madre di colore e di un padre bianco cheha  abbandonato la donna, aveva sentito forte il peso della propria diversità. 
Alcol e droghe l'hanno più volte messa a rischio, sia per la salute sia con la legge. Spirito ribelle, carattere inquieto e difficile, vincitrice di 4 Grammy Award, 17 Blues Music Awards. La sua carriera è cominciata quando era ancora adolescente. Nel 1950 la madre si era trasferita a San Francisco dove, a 14 anni, Johnny Otis grazie al quale forma un trio con altre due ragazze , «The Creolettes» .Ma la vera svolta della carriera di Etta James è arrivata a Chicago.  

Claire Cunningham, una farfalla con le grucce

 I suoi exploit richiamano un pubblico affascinato (e fanno gridare al miracolo la critica). Lei elabora semplicemente determinazione e umorismo, creatività originata dalla diversità, profonda coscienza di un'ingegneria del corpo che non è come quella di noi tutti
Questa campionessa di una danza che non esiste, questa donna-fabbro artefice di uno spettacolo il cui sintetico titolo ME è la somma delle iniziali di Mobile" ed Evolution ovvero le due parti (entrambe sia fisiche che verbali) del suo discorso, è la trentaduenne Claire Cunningham, affetta da osteoporosi, caduta da una bicicletta 18 anni fa e da allora costretta a usare le stampelle per ogni movimento, ma anche, da cinque anni, allenatissima a farne uso per un'affermazione in pubblico che non vuole essere confusa con la danza dei disabili, con un'arte apparentata all'handicap......

Sabbia e Arte - Ilana Yahav

Ilana Yahav è un' artista che grazie a un originale e sofisticata tecnica di illustrazione realizza le sue "fantasie di sabbia".

I poeti lavorano di notte - Intervista ad Alda Merini

Intervista ad Alda Merini nel dicembre 2006 a Milano, a cura di Luciano Minerva
 


Per lei il compleanno è una data importante?
Lo era, adesso non lo è più perché ho incontrato un sacco di ragazzi sciocchi che sono nati il 21 marzo e mi sono veramente cascate le ginocchia. Io nascerò un altro giorno.

Però la primavera è nata il 21 marzo
Non l’ho fatta io, guardi. Il 21 marzo è la festa mondiale della poesia, ma il 21 come inizio della primavera è un caso, primavera è folle perché è scriteriata, perché è generosa. Però incontra anche il demonio. E io l’ho incontrato il demonio. Era il manicomio. A furia di andare in giro a vanvera come vado in giro io, mi sono imbattuta male, però anche il demonio si è commosso e mi ha lasciato uscire. Tutto lì. C’è un medico che mi ha raccontato una cosa: succedono dei miracoli. E mi ha detto: lei ha avuto un miracolo, non si ricorda più del manicomio, tutto spazzato via.
Ho vissuto come una sequenza catartica, di purificazione, ma di quale peccato non l’ho mai saputo. Comunque è una purificazione a livello religioso, in cui uno si rende conto che la morte gli cammina a fianco e non se ne rende conto. L’ho pensato spesso di quel grande editore che era Vanni Scheiwiller che alla mattina partiva con la valigetta e dicevo: verrà un giorno che diranno all’Alda Merini: oggi non parti più. Sarà un giorno tremendo in cui chiuderanno la porta: verrà anche per noi comunque, ma questo non mi rende triste. Anche perché se chiudono la porta gli spifferi non entrano più e io non mi ammalo più (ride). Finché son viva ho spifferi da tutte le parti.

Se vogliamo dividere in periodi questi suoi 76 anni possiamo immaginare quattro parti di 19 anni. Il primo ciclo si conclude nel 1950. Cosa le ricorda questa data?
E’ quando mi sono sposata. Ero una bella giovinetta, mi mangiai la giovinezza, era tenera, era buona, come dice il poeta. Me la sono mangiata.

Se dovesse scegliere una poesia di quel periodo?
M, non ho più voglia di parlare di poesia, ne ho fatte tante. Però mi interessa molto parlare di quella che è stata la mia vita che secondo me è stata molto bella. Perché quelli che dicono che sono felici mentono perché nessuno è felice. Io invece ho trovato il mio cantuccio di felicità che adesso è la vecchiaia. Per me è bella, uno la vuol curare, vuol curare le ragadi, la piega sbagliata, e finiscono per farmi ringiovanire, ma non ci tengo.

Quando ha cominciato ad apprezzare l’età della vecchiaia?
Sempre fin da giovane, perché ero già matura, quindi ero già vecchia. Per me la vecchiaia non è una novità, è un prolungamento della giovinezza. Sono stata una ragazza precoce, ma voglio dire che non vedo la brutalità della morte, della vecchiaia, il poeta non ha tempo. Ha il tempo che si ritrova in mano, quel poco, quel tanto. Di solito i poeti sono religiosi perché apprezzano i doni della vita.

E questa sensazione di essere senza tempo è stata la poesia a fargliela percepire?
No, la poesia è un mezzo per raggiungere la felicità, non è che si invecchia o si ringiovanisce con un bel verso sulla giacca. Queste sono balle. Che raccontano. Le voglio raccontare un aneddoto. Io ersi mia sorella che era una grande donna, di carattere, un po’ come me. L’ho vista seppellire, una bellissima cassa tutta istoriata feci questo pensiero. Meno male che tu muori, io non morirò mai. Rimasi così male a vedere che questa conosceva la morte e io sarei stata eterna. Ebbi questa folgorazione: che cosa ho fatto a scrivere dei versi? E’ stato sei anni fa. Mi manca molto mia sorella. Era una donna che apprezzava come me la vita.

e che l’ha accompagnata per tanti anni… 
 Mi ha accompagnata, calpestata. Il problema dei manicomi è stato il problema della Dickinson. Mia sorella era gelosissima di me, secondo me ha preferito rinchiudermi, perché mi voleva un bene incredibile. Capisco, era un delirio, però era amore. Io sono rimasta là, accompagnata dalla sua ombra. Non voleva che io amassi gli uomini, era una contaminazione. Io li ho amati così di straforo, è stato molto bello però.
Quindi l’amore può portare a rinchiudere in manicomi o in gabbie.
Può portare a uccidere, lo sappiamo tutti perché abbiamo queste crisi di gelosia, questi rifiuti. L’amore può fare molto male, però se capisce che è amore, allora diventa un gaudio. Se lei perdona, capisce che ha ucciso per amore e allora torna in Paradiso.


Nell’amore, come nella realtà ci sono sempre almeno due facce.

Se uno le sa vedere sì. Cioè sappiamo tutti che una persona in qualsiasi momento può diventare un aspide o un angelo, è un impasto di bene e di male. Quindi preveder questo dualismo nell’essere umano è già scoprire l’infinito, la celebrità, la morte e la resurrezione. Ma questo non è un cristianesimo di tutti i giorni, è più paganesimo che altro.

Però nel suo paganesimo la figura di Cristo è ben presente….
Ma Cristo è stato un furbo. Anche noi siamo stati crocifissi. Quello che dà fastidio nella figura di Cristo è che è stato sconciato, deriso, portato su un patibolo falso, quando era un uomo che non si è difeso. Ci sono momenti in cui il poeta che è anche filosofo non ha più difese, non sa più cosa dire, si lascia uccidere.


Nel raccontare la figura di Cristo lei ci si è anche identificata?
No, io sono una donna, non dico come Arnoldo Mondadori “Gesù mi ama”. Spero che mi ami. Né io gli voglio un bene da morire. Preferisco la vita

In quale delle figure religiose che ha raccontato invece si è identificata? In Maria?
Neanche. In Ponzio Pilato. Francamente io me ne infischio del parere degli altri, non ne ho mai tenuto conto. non mi interessa molto, anzi per niente. Sono gli adolescenti che si identificano e dipendono dal giudizio degli altri.

Facciamo un altro salto nel tempo e arriviamo a metà della sua vita, al 1969. Cosa ricorda?
E’ il periodo in cui ho avuto mia figlia, Barbara. E’ quella la cosa più importante, quando ho messo al mondo la mia bambina.
Per un poeta mettere il nome a una figlia è forse più complesso che per gli altri, perché conosce e cerca il significato più profondo di ogni parola


Perché ad esempio ha chiamato sua figlia Barbara?
Adesso lo posso anche dire. Perché sono sempre stata una donna molto trascurata e mio marito mi diceva: “Sembri una barbona.”. Allora tra “barbera” e “barbona” ho detto: chiamiamola Barbara. Ma di fatti è venuta su con un carattere barbaro. Santa Barbara è la protettrice degli artiglieri, è molto combattiva e anche molto dolce, forse come tutti i barbari.

Con l’andar del tempo lei è diventata meno combattiva?
No, sono sempre stata combattiva. C’era Vanni Scheiwiller che diceva: Arriva la Merini. Io insultavo in un modo che facevo paura. Poi vedevo che avevano paura e mi divertivo a spaventarli. Vedere uno tremare dà un effetto… provoca un’adrenalina tremenda. “Adesso ti spavento ben bene”. E’ una pratica che avevo imparato in manicomio perché il modo migliore per azzerarci era spaventarci. Solo che io quando qualcuno veniva per spaventarmi gli ridevo in faccia. Li demolivo, li guardavo col mio sguardo e non potevano farmi niente.

Lei parla spesso del manicomio, come in questo caso, come una scuola di formazione. E’ stato anche questo?
E’ stata una scuola pitagorica. Sepolta viva, poi finalmente esci e sei rinata, e te ne vai per fatti tuoi, come se niente fosse accaduto.

Come se quei dieci anni fossero durati un giorno?
Non si sentiva il tempo in manicomio, anche perché non facevamo niente. Non aspettavamo nessuno, eravamo entrati per morire per ritrovarci un giorno vivi. Era una grande sorpresa, era una grande felicità. Ogni sera la morte e la rinascita. Tremendo, bisogna avere due spalle così per poterlo sopportare, però quando vieni fuori … chi se ne frega della pulizia, del deodorante. Ormai hai toccato il vertice della conoscenza umana, della sapienza, del buon senso.

A un certo punto lei facendo parlare Gesù dice: “Ho tre dimensioni: la pietra, la carne, lo spirito”. Questa dimensione della pietra ritorna più volte nelle sue poesie.
E’ la povertà, la lapidazione, l’ingiuria. Dopo la guerra io scrivevo proprio sulle pietre. Milano era distrutta, scrivevo sui tavolini di pietra. Il Figlio dell’Uomo non ha una pietra su cui posare il capo, era abbandonato, era tremendamente solo, la pietra sta a significare la solitudine.

E lei richiama anche la pietra parlando di Resurrezione. E’ quella oltre cui si vaSi pensa, ma non lo spero neanche, Perché dovrei sperarlo? Ho avuto quello che volevo nella vita: i figli, la famiglia, la gloria, il dolore. Il dolore è la forza propulsiva che fa creare. Gli altri hanno paura del dolore. Io no, sono sempre stata una donna coraggiosa.

Cosa prova quando rilegge le sue poesie?
Non le rileggo mai. Io le detto e poi non le ritocco più, le abbandono, nascono perfette. Però se ne approfittano più. Ma io non sono una macchina da gettonare, non sono il Celentano della poesia.

Lei vede la vita passare su questo Naviglio. Che cosa ha visto scorrere su questo Naviglio?
Anche i morti son passati di qui, morti, anatre, i piccoli delle anatre, barche, tifoni immaginari, pioggerelline nebbia che non c’è più. Non c’è più la nebbia a Milano, sembra di essere al sud. Non c’è più la vecchia Milano, povera, povera. Vedere i poveri era naturale. Adesso se non ha la mansarda non è un essere umano, è un povero Cristo.

Che cos’è per lei l’ordine e cos’è il disordine?
Hmmm. Vede, questa casa che a lei sembra un’ammucchiata di roba, è forse la più bella che c’è sul Naviglio, perché non ho mai demolito un muro. E’ rimasta tale e quale e la gente questo non lo capisce: sporca, vecchia, andrebbe ritinteggiata. Ma guarda le altre case: sono asettiche, impersonali, ordinate, uno non si può sbracare. Sono case che non sono vissute. Questa è la casa più bella proprio perché nessuno l’ha mai toccata. E’ viva.

Quanta parte di lei che si sentiva anziana da giovane oggi si sente bambina? Tutta. Dagli occhi alle caviglie anche se non funzionano. Dobbiamo voler bene ai nostri malanni, un giorno ti fa male un piede un giorno la testa, ci si parla, ci si consola, il dialogo con noi è infinito. Lei continua a raccontarsi le stesse cose poi trova assassini, trova gente, i manicomi le chiavi le porte. Se lei vedesse… io nella mia mente potrei girare un film. Però le posso dire una cosa: non ho mai sognato un uomo nudo. Devo pregare il Signore di darmi questa possibilità. Mai. Tutti vestiti, incravattati, c’è una castità innata. Io pensavo di svestire qualche innamorato. Neanche quello. Tutti incravattati, sembrano tutta gente di governo, mai nudi. Per il mio compleanno… non mi ha portato un uomo nudo, anche una statuina … (ride)

Lei che con le parole ha saputo dare la ricerca della bellezza, della profondità, dove e come ha ricercato la bellezza?
Ma perché io ero una donna molto bella, se ero uno scorfano non scrivevo così. (ride) Ma se fossi stata brutta sarei stata felice ugualmente. Dipende da come sei dentro. Se sei felice sei bella, perchè gli occhi lo dicono.

Il tempo di cambiare la cassetta per la registrazione video e Alda Merini comincia, nell’ultima parte dell’intervista, a fare quasi monologhi. Non più risposte per aforismi, ma discorsi più ampi. Comincia parlando di Marina Bignotti, la donna cui ha dedicato l’ultimo suo libro edito da Scheiwiller, “Briglie d’oro”

Ecco, la Marina è stata una delle mie più grandi ispiratrici. Ed è una donna che io ho amato, perché si parla di Lesbo, di Saffo, ma è una donna che ho amato molto. Le giuro, non l'ho mai desiderata e penso neanche lei. Però c'è questa dimensione d'amore, di considerazione del bello dell'altro, di desiderio dell'altro, che non so su che scala di valori possa andare, però è una voglia di assomigliarle e un rifiuto di assomigliarle. E' un'ambivalenza. Quindi, questo amore che non si vuole, però ci riceve. E però ci manda via. E' un continuo plenilunio e notte, che è fantastico. Pare che le grandi poetesse abbiano avuto tutte degli amori femminili. Almeno delle risonanze. E abbiano scritto lettere d'amore a queste donne. La Marina era un po' il riflesso di Scheiwiller, era un po' il secondo Scheiwiller femmina, no? E quindi la consideravo mandata da lui, ammaliata da lui. Un'ammaliatrice, diciamo, che voleva portarti in quest'isola del peccato. Del peccato e della poesia, del rimario. Lei voleva chiuderti in un libro, no? Diciamo, nella mia fantasia. E fare di te quelle farfalle schiacciate, no? E la Marina era così. Quando andavo nello studio di Vanni, era già un habitat che ispirava alla riflessione, alla mendicità mentale. Il mendicante va a chiedere...ecco la storia del mendicante che chiede il rifugio, di bere il latte della Sapienza, no? Qui dentro, per esempio, è impossibile scrivere poesie perché ci vuole proprio il sito importante. Il posto, il silenzio, no? La Marina è stata una grande ispiratrice e, però, si vive anche di amori femminili. E’ quello che non riesco a far capire a quelle deficienti che vengono e dicono: 'Mi scriva una poesia'. Mancano di tutto. Mancano del padre. Non li manda nessuno. E invece ci sono poi gli inviati speciali di Apollo, del grande paganesimo in cui vivo. Inviati di qualche maestro. E questi chi li conosce? Questa donna è infarcita di Vanni Scheiwiller, è la figlia di Vanni Scheiwiller, è anche un po' figlia mia, no? E' stata una filiazione d'arte, come, per esempio, quando io ballo col Maestro Nuti: è un amante d'arte. Però l'ho costruito io. Quindi un amore di spasimi. E' il pensiero che si contrae. Non è il corpo. E allora queste contrazioni uterine del pensiero fanno poesia. E' un po' difficile raccontarlo alle ragazzine.

Legge una poesia e torna, senza alcuna domanda, sui temi dei dolori d’amore. Siccome sono una donna, ci tengo a dire una cosa, a proposito dei dolori d’amore, e questo fa parte anche di un discorso, diciamo, politico. Io vorrei che le donne fossero un po' più schiette, per una donna una separazione è un lutto interiore, l'abbandono. Però sono proprio questi grandi dolori che danno il via alla grande letteratura. Non si capisce però, come nel Vangelo, perché i tradimenti? Perché Giuda tradisce? Cioè il problema del male nell'uomo, che viene dopo l'amore. E’ un grande dilemma, e se uno l'accetta, cambia partner: dice: 'Beh, invece di questa, vado con un’altra', ma non è possibile. Non è possibile perché c'è l'incapibilità del male. Non so, prendiamo i coniugi di Erba, tranquilli, seduti in poltrona, che si alzano e ammazzano ...imprevedibili. Non è pazzia, è proprio il corpo-dolore che c'è nella vita. Il dolore è la malattia. E' la cosa che la fa ammalare, è la cosa che la sacrifica, però sacrificarsi sull'altare di un cretino o di una cretina fa male al cuore. Perché si capisce che non valeva la pena. E' questo il dolore. Se lei piange la morte di un congiunto, che è il dolore di tutti i giorni, che è una cosa che hanno tutti, è una cosa normale, è duro da accettare, si può ugualmente morire, però è volontà di Dio. Ma la volontà di uno stupido, a volte, dà così fastidio, mi crede? Ma tanto... E poi non c’è un risarcimento danni, perché una delusione non è più ripagata...

Dopo l'11 settembre, nell'ottobre 2001, lei ha scritto una poesia, “Addio”, in cui dice che non è più tempo di poesia, quella in cui c'è la guerra
C'è un tempo di disordine adesso. Questa mattina il cardinal Martini ha ripreso il Papa perché è troppo pragmatico...Abbiamo bisogno di calore...e di sincerità, perché se dicono che ho un brutto carattere e le dico: 'vada fuori dai piedi, mi ha scocciato', buonanotte. Ma se io mi sento perseguitata allora questo diventa una morbosità. E’ meglio la violenza diretta di quello che penso, che non continuare ad almanaccare su di lei. E’ questo succede nelle grandi delusioni. Perchè la delusione è ancora amore, no? E lei di una persona, come spesso accade di me, ne aveva fatto un nume e s'accorge che era un colosso d'argilla, e che va in pezzi...Non vorrei che succedesse della Chiesa Cattolica, il colosso d'argilla. Una donna che ama fa di lei un mito e si domanda come mai gli altri non la amano come lei... Perché gli altri non ne hanno fatto un colosso, la vedono per quello che è.

Quindi è l'idealizzazione uno dei mali.
Ecco cos'è l'amore: rendere grande, eterno, uno che non vale un tubo. Però, quando le cade a pezzi davanti, è proprio un vaso d'argilla.

E lei di queste cose ne ha viste, provate, sentite tante, ma, perché poi ogni volta si continua negli stessi errori?
E’ un discorso molto lungo. Adesso l'anziano continua a vivere grazie agli antibiotici, si salva... però 'vivacchia”, non è che viva. Una volta si moriva, decisamente, una volta sola, adesso si tira a campare. Allora il vecchio vorrebbe amare, ma non può, però c'ha la gamba rotta, ma non può, però dopo gli dicono che voler bene a una donna è sbagliato, però dicono che voler bene a lei è falso...E ‘sto povero rimbambito di un vecchio diventa soltanto il nonno dei suoi nipoti. Gli sfasciano le tasche e rimane appiedato. Non ha una funzione sociale. Però, insomma, un Pippo Baudo che dà della cretina alla Hack, mi sembra esagerato. Saremo anche un po' cretini, ma dei cretini sorridenti. No? Pippo Baudo non sa ridere....

Lei ha saputo sempre ridere?
Beh, nei momenti peggiori, sì...della mia vita ho riso...

Ed è stata una liberazione...
Sì. Alle volte uccide più la risata che la maledizione. Infatti a un assassino, se gli ride in faccia...(ride), è vero, sa? 'Sono venuto per farle paura'...E così il diavolo. Provi a ridergli in faccia. Non è così? Uno vede il demonio..., e gli dice: “beh, si sieda, parli, dica quello che pensa? Facciamo un po' di analisi. Perché lei ce l'ha col Signore ‘ ...Fantastico.

Di tutte le figure che ha richiamato oggi, non ne è venuta ancora fuori una che per lei è fondamentale, l'Angelo.
Mah, gli angeli, sa, sono un po' scassati (ride). Lasciano piume dappertutto. Sa la storia, come la diceva Dario Fo, mi pare nel 'Mistero Buffo', quando l'Angelo capita qui, in questa casa, è sconvolto...
- Cioè, questa sarebbe, la Madre di Dio, in questa stamberga qui? Ma, l'indirizzo era giusto?'
- Sì, sì, l'è proprio la Maria Vergine
Anche la Maria fa: - Scusi, sa, ma lei mi occupa tutto lo spazio...ma, cosa vuole da me? “Tu sarai la madre di Dio”
- Io? Ma scusi, ma io non conosco uomo, parliamoci chiaro!
E nasce questo dialogo tra l'angelo che si trova in un posto dove l'ha mandato il Signore, ma non gli pare giusto, e non può discutere l'ordine divino...e neanche la Madonna...E dicono tutti e due un sì, che non capiscono...Molto bello. E l'angelo se ne va, però è proprio questa angelica forma che ha fatto il grande innamoramento di Maria: il portatore, il postino, che anche lì suona due volte. E allora lì...copula: parte del predicato nominale. Ma che genere di copula è stata? Del Pensiero. Che poi è il copyright che trovo sempre sui libri. Perché è finito lì...
Adesso basta, però.