giovedì 26 gennaio 2012

"L'età dell'innocenza" di Edith Wharton

... si era accorto d'essere troppo legato alla vecchia vita dalle abitudini, dai ricordi, da una sensibilità improvvisa che lo faceva reagire troppo emotivamente a tutte le cose nuove.
Ora, riandandando al suo passato, vide in quale solco si fosse sempre lasciato vivere.
Quando uno aveva vissuto facendo il proprio dovere c'era un guaio: che non riusciva più a vivere diversamente.
La divisione netta tra il bene e il male, tra ciò che era onesto e ciò che era disonesto, ciò che era rispettabile e il suo contrario lasciava così poco gioco all'imprevisto!
Vi sono momenti in cui l'immaginazione di un uomo, così facilmente condizionata dalla cornice in cui egli vive, si solleva d'un tratto sopra il piano di tutti i giorni scrutando con maggiore distacco i complicati meandri del destino. E Newland ora, da quella nuova posizione guardava la sua vita e si domandava tante cose.

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.... Pareva che il suo futuro si fosse spiegato intero davanti a lui e in quel piccolo deserto senza fine egli scorse la figura di un uomo che si rimpiccioliva sempre più, un uomo al quale, nella vita, niente sarebbe mai accaduto
Guardò attorno a sè il giardino non potato, la casa malandata e il boschetto di querce sotto al quale cominciavano già ad addensarsi le ombre della sera.
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Naturalmente cantava "M'ama!" e non "He loves me", perchè una legge inalterabile e indiscussa del mondo musicale esigeva che i libretti tedeschi di opere francesi, cantate da artisti svedesi, venissero tradotti in italiano per essere capiti più facilmente da un pubblico di lingua inglese
Questo, a Newland Archer, pareva un fatto naturale come tutte le altre convenzioni che regolavano la sua vita: come ad esempio usare due spazzole dal dorso d'argento e con il monogramma in smalto blu per farsi la riga nei capelli, e non apparire mai in società senza un fiore (possibilmente una gardenia) all'occhiello...

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