giovedì 22 dicembre 2011

Il cielo

Da qui si doveva cominciare: il cielo.
Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
Un'apertura e nulla più,
ma spalancata.
Non devo attendere una notte serena,
nè alzare la testa
per osservare il cielo.
L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
Il cielo mi avvolge ermeticamente
e mi solleva da sotto.

Perfino le montagne più alte
non sono più vicine al cielo
delle vali più profonde.
In nessun luogo ce n'è di più
che in un altro.
La nuvola è schiacciata dal cielo
inesorabilmente come la tomba.
La talpa è al settimo cielo
come il gufo che scuote le ali.
La cosa che cade in un abisso,
cade da cielo a cielo.
Friabili fluenti, rocciose,
infuocate ed eteree,
distese di cielo, briciole di cielo
folate e cataste di cielo.
Il cielo è onnipresente
perfino nel buio sotto la pelle.
Mangio cielo, evacuo cielo.
Sono una trappola in trappola,
un abitante abitato,
un abbraccio abbracciato,
una domanda in risposta ad una domanda.

La divisione in cielo e terra
non è il modo appropriato
di pensare a questa totalità.
Permette solo di sopravvivere
a un indirizzo più esatto,
più facile da trovare
se dovessero cercarmi.
Miei segni particolari:
incanto e disperazione.

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