Tesoro mio,
un pomeriggio, in primavera, o forse nella Giornata della Memoria, tutte le mie zie, zii, nonne, nonni, sorelle, fratelli, cugine, cugini e non da ultimo i miei genitori nonchè i tuoi bisnonni, verranno a prendere un caffè a casa tua.
Quelli di Dachau, di Belzec, di Bergen-Belsen, di Ponar, di Auschwitz e anche di Treblinka.
Si presenteranno come un sol uomo nel tuo giardino israeliano, ch ein estate profuma di gelsomino, in primavera di basilico, e in inverno di gatti.
Che famigliola! sbufferai, intenta a versare con abilità nelle tazzine di porcellana tedesca un caldo e aromatico caffè italiano.
Non si lagneranno del proprio destino, non piangeranno nè si metteranno a ricordare orrori che fanno accapponare la pelle, per carità. Tutt'al più ti contempleranno con attenzione, colmi di stupore, quasi come dire: Ma tu pensa, è stato quindi possibile vivere dopo ...
Zucchero o dolcificante? domanderai amabilmente. Zucchero grazie, scuoteranno la testa con indulgenza. Intanto la grossa sfera rugginosa del sole sprofonderà in tutta fretta, fino all'indomani, nel blu via via più spento del precipizio marino. Se ai loro tempi ci fosse stato Israele, rimuginerai, sarebbero potuti diventare dei nuovi immigrati, come quelli di adesso, venuti da terre lontane in cerca di sostegno, di redenzione e di grazia.
Questi qui invece non sono mai stati redenti da nessuna parte, nè graziati, nè sepolti, e nemmeno benedetti. Continuano quindi a vagare per tutti gli universi, come anime in pena, destinate a tramandare all'umanità la memoria di quella Guerra.
Fino a che un pomeriggio di aprile, a cavallo tra l'inverno e l'estate, tutta la mia numerosa famiglia, assassinata e dimenticata, atterrerà al completo sulla tua aiuola. A quest'ora avremmo potuto essere in tanti, una vera folla, rifletterai intenta a disporre sui piattini fette di torta alla ricotta comprata nella pasticceria Dwory, ogni tanto avremmo potuto incontrarci qua e là, ai matrimoni e ai funerali.
E quando finalmente sul far della sera i tuoi bambini odorosi di vaniglia e di libertà saranno tornati a casa, gli ospiti, sempre pieni di tatto, infagotteranno i propri scheletri imputriditi e rinsecchiti nei mantelli neri, e si faranno in quattro per strapparvi due risate prodigandosi in una serie di storielle divertenti, comprensibili solo a loro, provenienti da là. Dal ghetto, dall'abisso. Sui musulmani di Dachau di Auschwitz di Ponar e anche di Bergen-Belsen. I tuoi figli, e i miei pronipoti, ascolteranno con gli occhi sgranati, senza però riuscire a capire un bel niente.
Il crepuscolo si farà strada rapidamente e tutte le piante fiori erbacce cespugli alberi e cieli via via più scuri proromperanno, come niente fosse, in un'allegra e calda risata mediterranea.
Chi sono quelli? Vorranno sapere i tuoi bambini, e i miei pronipoti, tirandoti per la manica. Sono i nostri parenti, la nostra famiglia assassinata, dirai loro. I parenti i vicini con figli e nipoti che avrebbero potuto vivere, avrebbero potuto esistere, se non fosse stato per ..
A quel punto ciascuno di questi vostri potenziali parenti tirerà fuori una pezza, gialla e sgualcita, con sopra la Stella di David, e la riporrà con premura sul tavolino di bambù, tra tazzini con avanzi di caffè. Tra le briciole della torta le bucce di arance le ceste con mandarini e banane. Poi, a uno a uno, cominceranno a dissolversi insieme al tempo dell'inverno, e a svanire nella nebbia serale come delle apparizioni notturne, lasciando dietro di sè l'Undicesimo Comandamento:
Racconta sempre di noi! Ai tuoi figli nipoti pronipoti! Sempre! Fino alla fine dei tempi!
Ricorda!
da: FRATTURE di Irit Amiel
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